TuttoLegaPro.com ... in rosa: Chiara Carpano Mancini (Responsabile rapporti tifoseria Foggia)

Una vita nel e per il calcio: tifosa, giornalista, moglie di un calciatore, portavoce. Tanti ruoli, in questi anni, tutti nella stessa persona. TuttoLegaPro.com, per la sua rubrica sulle quote rosa, creata in collaborazione con l'Area Comunicazione della Lega Pro, ha deciso di intervistare Chiara Carpano, attuale responsabile dei rapporti con la tifoseria nel Foggia e moglie dell'indimenticato portiere Franco Mancini (scomparso prematuramente a 43 anni nel marzo dell'anno scorso).
Cosa significa, nella pratica, rapportarsi con la tifoseria per mestiere? Com'è nata questa collaborazione?
"Subito dopo il ripescaggio, mi è stata comunicata la volontà del Foggia di avvalersi della mia figura. Io ho accettato l'incarico senza rifletterci nemmeno un attimo. Devo saper mediare con i tifosi, mostrandomi rigida in determinati momenti. Credo che per noi donne sia anche più facile perché l'istinto di madre ti aiuta. L'importante è far capire al proprio interlocutore che siamo capaci. Usando questo metodo, e anche grazie al mio caratterino, al momento non sto incontrando difficoltà.
Anzi, voglio ringraziare la società del Foggia per la possibilità che mi ha offerto e perché mi fa sentire parte attiva in tutti i progetti. Quando fai una cosa che ti piace, non è mai un lavoro. Inoltre mi sta dando l'occasione di riconciliarmi con la vita dopo quanto è successo".
Eppure i tifosi non sembrano essere tutti dei santi...
"Dopo le prime due giornate di campionato, nelle quali avevamo preso delle multe per lancio di bottigliette in campo, abbiamo incontrato i nostri ultras chiedendo di remare tutti quanti nella stessa direzione. Non sono arrivate più sanzioni. Questo fa capire la grande collaborazione nei nostri confronti.
Ricordo quando venne chiusa con sospensiva la curva nord a novembre per cori discriminatori nel match contro il Gavorrano. In quell'occasione indissi immediatamente una conferenza stampa nella quale intervenni duramente. Avevo paura di non riuscire a vedere la Nord aperta e piena per l'intitolazione a Franco. Lì ci fu il primo vero confronto con i nostri ultras: le regole vanno rispettate. Possiamo condividerle o meno, ma dobbiamo cercare di non violarle. Tutto, grazie alla collaborazione tra le parti, venne ricomposto.
Il delegato ai rapporti alla tifoseria comunque non si relaziona solo col mondo ultras, abbiamo aperto gli uffici a tutti i supporters comuni per confrontarci".
L'essere stata per anni una tifosa del Foggia l'ha aiutata nelle prime fasi del suo nuovo ruolo?
"Quello che mi sta aiutando nel mio compito è l'aver condiviso vent'anni di vita con Franco. Questo mi ha permesso di conoscere diversi ambienti del tifo: siamo stati a Foggia, Bari, Napoli, Pisa, Teramo, Salerno. Il mio essere tifosa purtroppo non si è mai sviluppato in curva (ride, ndr). Ci sarebbe stato troppo da lottare coi miei genitori che non vedevano di buon occhio questa passione che ho per il calcio. L'ambiente del tifo foggiano, però, lo conoscevo bene perché Franco ha militato per ben nove campionati con la maglia rossonera ed eravamo di casa".
In Curva Nord ci va anche suo figlio. Doppio controllo sia da mamma che da responsabile tifo?
"Francesco ha 16 anni e non si perde una partita nella curva intitolata al padre: torna sempre a casa senza voce. Quando è lì fa il curvaiolo e non è mio figlio in quel momento. Sono una mamma apprensiva, ma lascio vivere ai miei figli le loro esperienze senza condizionarli. Tante cose bisogna sperimentarle sulla propria pelle e per quanto io possa dar loro consigli, siamo stati tutti ragazzi e sappiamo che spesso non ha alcun effetto. Comunque non ha mai fatto la spia della mamma, anzi... (ride, ndr). Alessandro, 10 anni, invece non è molto legato a questo sport: gli interessa sapere solo il risultato della partita. Però indossa perennemente un polsino del Foggia, non se n'è separato neppure il giorno della Prima Comunione. Insomma, ha un modo tutto suo di tifare".
L'essere donna l'ha mai ostacolata in un mondo prettamente maschile?
"No, in modo evidente non è mai successo alcunché. Qualche volta quando a qualcuno scappava la battutina sulle mie reali capacità ho risposto: 'Guarda che a casa mia i pantaloni li porto io, quindi puoi tranquillamente confrontarti con me'. Ho sempre incontrato tanto rispetto nei confronti della mia persona, anche perché non sono una che le manda a dire. Insomma so come rispondere: sempre a tono. Non mi faccio mai passare la mosca sotto il naso: sono molto puntigliosa".
Senza contare che le quote rosa stanno aumentando sempre di più...
"Solo a Foggia siamo otto, quasi nove: nell'area marketing Gessica è in attesa di una bimba, la stiamo aspettando tutti insieme. Siam distribuite in tutti i settori, dall'area stampa, al settore giovanile, ai botteghini, alla segreteria. C'è una folta rappresentanza di donne all'interno di questa società. Giovedì c'è stata la cena di Natale tra dirigenti e collaboratori e il nostro responsabile dell'Area Comunicazione, Lino Zingarelli, perennemente in minoranza sul posto di lavoro, ha dovuto scarrozzare quattro donne: vi lascio immaginare i discorsi durante il tragitto (ride, ndr).
Sappiamo che il calcio è un ambiente prevalentemente maschile, ma non a Foggia. Così come sta cambiando rapidamente la situazione in tutta la Lega Pro: si è deciso, in questi anni, di puntare su persone che potessero dare un apporto fattivo, senza guardare se fossero donne o uomini. Nel 2013 non può non esserci la parità dei sessi, dovrebbe essere la normalità. Oramai tutti cresciamo guardando il calcio: in Tv è protagonista praticamente dal lunedì al lunedì successivo. Per questo anche le donne si avvicinano a questo mondo in maniera diversa e ci avviamo così verso quella normalità di cui parlavo poco fa".
In lei il calcio è sempre stato presente. Radio, TV, famiglia...
"Fin da ragazza ho avuto la passione del giornalismo, collaborando con un'emittente radiofonica per sette anni a Manfredonia, città nella quale sono cresciuta. Poi è arrivato il matrimonio con Franco e il trasferimento a Bari. Lì, con Georgia Roseano, moglie del difensore Luigi Garzya, partecipai a una trasmissione sportiva su un'emittente regionale. La cosa piacque molto e così tutte le domeniche per due campionati seguimmo dalla tribuna il Bari, commentando le partite casalinghe. Io mi occupavo della parte tecnica, mentre Georgia si affidava alla sua verve e alla sua spigliatezza, visto che era stata una delle ragazze di "Non è la Rai". Durante questa esperienza ci fu la chiamata di 'Quelli che...il calcio': mi ricordo che facemmo un collegamento molto simpatico per Bari-Fiorentina con Pupo e anche il freddo cane. Sono stati anni belli, il calcio era diverso. Allora i giocatori avevano le spalle larghe, prima di diventare professionisti erano cresciuti sulla strada. Adesso con gli sponsor, le pubblicità, le Tv a pagamento il pallone è cambiato: c'è molta più spettacolarità, per adeguarsi alle esigenze di mercato, ma la purezza non è più quella di una volta".
Per ricordare Franco, più delle parole, preferiamo una storia. Quella della farfalla rossonera...
"E' una cosa bella e deve essere raccontata. Quello che è successo oramai quasi due anni fa con la morte di Franco, ha sconvolto la mia vita. Si finisce per dare valore ad alcune cose che per qualcuno possono sembrare sciocchezze, ma non mi interessano gli scettici. L'esperienza vissuta mi ha insegnato a fare quello in cui credo, infischiandomene di quello che possono pensare gli altri. Io sono una che vuole sbagliare con la propria testa, vado avanti per la mia strada. Per me, quelli, sono segnali. Nell'ultimo periodo ho ascoltato molto una canzone di Ligabue dal titolo "Il peso della valigia" che mi ha fatto molto riflettere.
Un mese fa circa, era novembre ed ero a casa. Stavo guardando fuori dalla finestra, faceva abbastanza freddo. Quel giorno era venuto a mancare in un incidente stradale Matteo Amoruso, uno dei nostri più grandi capi della tifoseria, il gruppo "Regime Rossonero" adesso trasformatosi in Onlus. Ho visto volare questa farfalla rossonera e ho pensato quanto fosse strano. Ho avuto tutto il tempo per prendere il telefonino e fotografarla. La farfalla, infatti, è rimasta posata sul mio balcone per oltre mezz'ora: volava e ritornava.
Qualche giorno dopo ero proprio insieme ai ragazzi della Curva, stavamo posizionando la foto di Franco a pochi giorni dalla riapertura della Nord: niente targhe, niente fredde parole, volevo ricordarlo con una foto. Era un giorno di pioggia, eravamo tutti bagnati: sulla balaustra, nonostante il clima, si posò una farfalla rossonera, proprio nel momento in cui stavamo coprendo l'immagine di Franco. La fotografai di nuovo (vedi foto a fine articolo NdR).
Circa una settimana dopo mi trovavo da grandissimi amici di famiglia. Nemmeno a dirlo anche lì spuntò questa farfalla rossonera. L'ultima invece l'ha vista il piccolino di casa, Alessandro, mentre rientravamo da scuola.
Sono appunto le quattro farfalle di cui parla la canzone di Ligabue ("Ti apro io la valigia mentre tu resti li / e piano piano ti faccio vedere / c'erano solo quattro farfalle / un po' più dure a morire" NdR).
Sono quei piccoli segnali che sembrano mostrarti come ci sia l'approvazione di Franco per quello che sto facendo, per come sto portando avanti la famiglia".
Infischiarsene degli scettici e andare avanti per la propria strada. Proprio come Zdeněk Zeman che dopo aver allenato Franco lo volle come preparatore dei portieri...
"Non a caso per me lui è "Il Mister". Zeman è un grande in tutto: non si discute. Quando parlo con Chiara, sua moglie, le dico sempre che loro sono i miei suoceri. Sono la mamma e il papà di Franco: c'è un sentimento di affetto che va oltre il percorso professionale.
Del resto era stato un padre, per Franco, sin dall'inizio. Quando mio marito arrivò a Foggia la prima volta era ancora un ragazzo: amava tutto ciò che fosse tecnologico e per questo buona parte dello stipendio finiva in stereo e televisioni. Zeman, a un certo punto, decise di dargli solo un tot a settimana che doveva servire per tutte le esigenze in quei sette giorni. Una sera, durante la cena prepartita, Franco si ritrovò senza soldi e senza benzina. Chiese al mister se potesse anticipargli la "mini-paghetta" della settimana seguente, ma Zeman laconicamente gli rispose: "Tu sei atleta, cammina cammina". Chi ha definito burbero il tecnico boemo si è fermato al suo aspetto esteriore, forse intimorito da questo suo modo di fare: ma se lo si conosce in profondità, e io fortunatamente ci sono riuscita, scopre una splendida persona".
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