Taranto, Turris & co: corsa contro il tempo o contro la giustezza? VAR in C, le big (e non solo) spingono. Una regola da cambiare per l’estate
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Memorie degli studi universitari: Franco Modugno, un gigante del costituzionalismo italiano, ci spiegava la differenza tra giustizia e giustezza. La prima risponde alle regole che gli esseri umani si sono dati, la seconda al sentimento che li guida. Scendendo ai nostri campi di Serie C, le prossime ore - a mezzanotte è scaduto il termine federale per stipendi e contributi - decreteranno il futuro di club come Taranto e Turris. Molte cose fanno pensare, soprattutto nel caso dei campani ma probabilmente in entrambi, che l’esclusione non ci sarà. Questione di regole, appunto, di cavilli. E di interesse delle rispettive proprietà a condurre a termine la stagione purchessia.
È contro la giustezza, nel senso di quel che sentiamo giusto, però che questo campionato lo concluderanno, se così sarà. Perché sono due vicende a questo punto tra le peggiori della storia recente della Serie C. E la domanda sta a metà tra passato e futuro: si poteva evitare? Come si eviterà? Chiariamo un piccolo aspetto: la competenza su tutti i provvedimenti, dall’ammissione in poi, è della FIGC - che per fortuna si è data regole più stringenti per l’anno prossimo - e non della Lega Pro. Poi ai tifosi però importa poco: resta un campionato falsato.
“Var e riforma o lascio il calcio”. Così Donato Macchia, presidente del Potenza, dopo il pareggio con la Juventus Next Gen. Non è solo uno sfogo o una boutade: nelle prossime ore Macchia, insieme a diversi altri presidenti, si farà promotore della convocazione di un’assemblea straordinaria per chiedere ufficialmente l’adozione del Var in Serie C. Spinge soprattutto il fronte delle big, da Catania a Vicenza passando per Pescara e via dicendo. Non un caso: la tecnologia costa un sacco di soldi (2/300 mila euro a stagione a società) e comporta un investimento strutturale, anche in termini di uomini, non proprio alla portata della C. Questo è però il primo passo per arrivarci, poi si vedrà ovviamente cosa risponderà la maggioranza delle società nell’organo sovrano. In verità, ci sembra che la tecnologia più adatta alla C sia il “Var light” che l’Italia si è già detta disponibile a sperimentare: decide l’Ifab (prossimo appuntamento 1° marzo a Zurigo, non è detto che ci sarà la svolta). Intanto, però, le società - o almeno una parte delle società - spingono per avere subito il Var “completo”, non sono in playoff e playout. Forse c’è anche un altro tema, di fondo, e cioè che la C oggi come oggi mette insieme realtà troppo eterogenee, ma un passo alla volta.
A proposito di tempo e di regole, ci si potrebbe portare avanti ma al momento pare che così non sarà. In estate tornerà d’attualità la differenza tra riammissione (se un altro club non presenta la domanda di iscrizione) e ripescaggio (se un altro club la presenta ma viene bocciata). Il secondo comporta per esempio l’ingresso delle seconde squadre e di club “virtuosi” dalla D. Tutto in estrema sintesi. È una distinzione filosoficamente inappuntabile, ma nella pratica spesso si riduce a una questione di lana caprina e i risultati si rivelano ingiusti. Esempio di scuola e di pratica: la società che presenta la domanda di iscrizione ben sapendo che sarà respinta. Sarebbe il caso, se non di eliminarla creando un’unica macro-categoria, di rendere più severi i requisiti minimi per considerare la domanda di iscrizione correttamente presentata.
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