Taranto e Turris, oggi la farsa si conclude. Gravina dopo sette anni lancia la volata alla riforma: meglio tardi che mai. Non è solo questione di numeri, ma anche
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“Una pagliacciata, mi sono sentito offeso nella professione che svolgo ogni giorno. Gliene avrei segnati anche di più”. Viva Vincenzo Greco, non solo perché ne ha parlato a TuttoC e non solo perché da anni facciamo il tifo per il suo Picerno. Mica per questione di simpatia, ma perché è la progettualità - che spesso manca - a fare la differenza. La Serie C è totalmente (azzarderei anche fisiologicamente) in mano ai presidenti: se domani uno si sveglia e stacca la spina, per capriccio o perché ha finito i soldi ai due estremi, la squadra crolla. Una gestione sensata, professionale, è l’unica cosa che oggi li tiene dentro il sistema.
Oggi, salvo sorprese, si chiuderà la farsa delle ultime settimane. Detto con tutto il rispetto per i tifosi di Taranto e Turris, le vittime della vicenda. Però a volte staccare la spina è meglio che infangare la storia di un club e di una città. Ripartiranno, anche se continuiamo ad avere qualche dubbio sulla novità normativa che impone di ricominciare dall’Eccellenza anziché dalla D. Avviso ai naviganti: non sarà un processo immediato. Oggi arriverà la Covisoc, poi il deferimento, il rinvio delle prossime partite, infine la doppia esclusione: ci vorrà un mesetto.
Negli ultimi giorni si è alzato il tono della voce, lo hanno fatto molti presidenti che saranno toccati dalla riscrittura della classifica. Bisogna mettersi d’accordo: un conto è invocare regole più dure, un altro sparare a zero per convenienza personale.
Quanto alle regole, nei giorni scorsi il presidente federale Gravina è tornato a ipotizzare una riforma. Ecco, noi non abbiamo nulla contro il presidente federale, però è al terzo mandato lo hanno criticato per tutto, a partire ovviamente dai due mondiali senza Italia. Però il dato è che nei sette anni precedenti la riforma non è che non si sia fatta: proprio non s’è vista, neanche col binocolo. E quindi, senza voler fare le pulci a nessuno, se si vuole partire da un discorso serio bisogna pur dire che Gravina in questo qualche responsabilità l’avrà, pur nel contesto di un calcio riottoso e sempre fin troppo attento al proprio orticello. Meglio tardi che mai, comunque.
Quanto ai contenuti di questa riforma - che a questo punto ci aspettiamo, altrimenti il 98% di voti a febbraio sarà una sconfitta e non un plebiscito - non siamo d’accordo né con chi pensa che sia una questione di numero né con chi pensa che il numero sia irrilevante. 100 - che poi sono 97 - società professionistiche sono troppe. Ed è evidente che siano troppe soprattutto in C, anche perché in A e B al massimo si ragionerebbe di un maquillage con la riduzione di due squadre a campionato. L’errore capitale, per chi scrive, continua a essere stato la fusione tra C1 e C2. Il numero oggi è un problema, allo stesso tempo è anche vero che non è l’unico e forse nemmeno il principale: si è già ridotto in passato e alla fine sempre punti e a capo si è tornati. Alla riduzione - o allo smembramento - va accompagnato un intervento serio sui controlli e sulle proprietà. I requisiti di onorabilità non bastano: oggi chiunque può comprare una società, a prescindere dal lavoro che faccia e dal reddito che possegga. Le scatole cinesi, alla fine, sono vuote. E pure la fideiussione di inizio campionato non è purtroppo più sufficiente: serve ampliare il numero di elementi di valutazione, anche prima del 2027. Serve serietà.
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